Michela Murgia

"Istruzioni per diventare fascisti". Recensione e commenti.

Il pdf dell'articolo sul Quaderno 48 di Forum Alternativo, nei limiti delle 5000 battute, potete trovarlo qui.
Sotto invece un testo con qualche sviluppo in più e delle note.
Ringrazio particolarmente  l'amico Piergiorgio Morgantini,  professore di lettere e poeta, che mi ha riletto e corretto (ma eventuali errori restano miei).
Rimando anche alle osservazioni di Matteo Le Cardinal, mio nipote studente a Sciences Politiques a Parigi, al quale avevo mandato il mio testo.
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Il titolo mi ha attratto da una bacheca tutta dedicata a Michela Murgia, recentemente scomparsa. Ero già stato impressionato dal suo “Accabadora”, storia di una figura particolare operante in alcuni villaggi sardi. L’avevo ascoltato come audiolibro, letto proprio dall’autrice, con un accento dolce e tono mai sopra le righe, anche se la forza della storia e della lingua l’avrebbero quasi permesso [1]

Dalle prime frasi traspare la libertà e l’intelligenza dell’argomentazione: “Essere democratici è una fatica immane”, si dice all’inizio del volume. Perché bisogna confrontarsi con l’avversario e arrivare a una soluzione che tenga conto dei suoi valori e dei fatti, validata con strumenti complessi, dopo un lavoro che ha i suoi costi, anche di tempo e fatica [2]. Essere fascisti, invece, è semplice. Basta affidarsi a un Capo, meglio se dotato di difetti appariscenti, così che possiamo smettere di considerare le nostre pecche e la nostra ignoranza come cose da correggere, anzi, possiamo tramutarle in caratteristiche di cui essere fieri. Il Capo apparirà come il nostro protettore e deciderà come sconfiggere i nostri nemici, coloro che, soli, sono all’origine di ogni nostro problema. 

Murgia sviluppa la dialettica tra il Leader democratico, che ha bisogno di un consenso, e il suo opposto: il Capo, che decide anche senza approvazione; tra l’avversario, che il Leader ascolta e rispetta, e il nemico che il Capo vuole invece mettere fuori; nasce così il confronto tra chi tiene conto dei fatti e delle conoscenze di chi ha studiato un problema per anni e chi semina invece il disprezzo della verità e della scienza. Il Leader democratico per farsi capire deve semplificare, lavoro difficile perché occorre togliere il superfluo con competenza. Il fascista invece banalizza: rimuove aspetti importanti del problema.   Il Capo parla solo dei problemi creati dal nemico, e per risolverli afferma che basta sbarazzarsene. Se una materia difficile richiede una soluzione complessa che il Capo non ha (la crisi climatica, per esempio),  di questo problema non parla, o dice che non esiste, o che si tratta di un’invenzione montata ad arte dal nemico. Se proprio il problema è evidente a tutti, come la siccità che ha fatto scomparire il Po, o la grandine dell'estate 2024, comincia allora a seminare il dubbio che non vi è accordo sulle cause, o dice che vi sono cose ben più importanti da risolvere prima.  

Il nemico va anche scelto con attenzione: non deve avere un’identità definita (per esempio gli stranieri, i migranti o gli ecologisti), non deve poter difendersi, deve inoltre addossarsi le colpe di ogni membro della sua categoria. Così un furto sarà facilmente attribuito ad un asilante, chi spara su una roulotte di Rom sarà invece semplicemente un balordo, tutt’al più da espellere da un partito o da un contesto sociale.   Anche le minacce contro le persone da proteggere vanno individuate con cura, per ogni categoria un nemico particolare: per il ceto superiore sarà lo Stato le cui imposte sono viste come un pizzo e il servizio pubblico come parassita. Per il ceto medio la minaccia sarà quella degli stranieri che rubano il lavoro, per il ceto inferiore gli stessi stranieri, che in questo caso non lavorano ma sottraggono i necessari, e giustamente limitati, sussidi. 
Il fatto che tutto ciò non regga alla verifica dei numeri non turba la retorica del Capo: la sua opinione, condivisa da chi lo sostiene, vale ben più delle cifre calcolate da esperti considerati dei burocrati.

Se il Leader democratico deve prendersi la responsabilità di costruire, il Capo fascista al contrario discredita. La cosa più importante da infangare sono le istituzioni democratiche, inefficaci e troppo costose. Poi si erode la divisione dei poteri, per esempio nominando giudici vicini al Capo, al servizio dell’esecutivo (basti pensare alla Corte Suprema americana), poi lo stato di diritto (la costituzione è meno importante dell’opinione e del volere del Capo), quindi l’indipendenza e la qualità dell’informazione pubblica (si pensi in Svizzera all’iniziativa “200 franchi bastano”). Poi si screditano gli scienziati, i magistrati e in generale gli esperti, o anche semplicemente chi si dà la pena di raccogliere e interpretare i dati, per esempio, sui costi della salute o sull’ambiente. Essi vengono considerati retrogradi che non ammettono il progresso, o additati come “isterici”.   

Murgia attira l’attenzione sul fatto che, come esseri umani, abbiamo tendenza a sentirci vittime, a volerci affidare, e a voler credere, a soluzioni semplici che possano calmare le nostre paure. Osserva che lo strumento più efficace per distruggere la democrazia è semplicemente lasciare che le cose vadano come vanno, senza frenare ciò che aumenta le disuguaglianze. Anzi, si taglia la spesa pubblica, in particolare per l’istruzione e l’informazione, aggiungendo un pizzico di discredito che è sempre utile al potere : un popolo sofferente, giustamente preoccupato, male istruito, male informato e sfiduciato, si lascerà convincere e penserà che il Capo possa risolvere ogni problema mettendo fuori i nemici del proprio benessere.

Michela Murgia sostiente che fascismo oggi non sia (più) una questione di contenuti, improponibili sulla scena politica nella loro forma storica di supremazia della razza o di una filosofia totalizzante (forse qui è ottimista...), ma di  metodo, nell'applicazione di tutto quanto sopra per prendere il potere (cosa che sta di fatto avvendendo). La questione che l'autrice non affronta  è se questa presa sia fine a se stessa, o al soldo - più o meno consapevole o di alleanza evidente- del capitale interessato a sottrarsi alle pressioni egualitarie alle quali dovrebbe invece essere sottomesso [3].  Personalmente ne sono convinto di quest'alleanza, una combinazione di   "forze tristi" che va smascherata e controbilanciata per arrestare il degrado sociale e ambientale che caratterizza la crisi attuale [4].

La scrittrice termina con un triste elenco di frasi che mostrano dove si sia arrivati nel tollerare idee fasciste. E come dall’accettazione delle parole cominci la colonizzazione di un immaginario che sarà reso incapace di concepire delle alternative. Aggiungo che, oltre ad essermi riconosciuto in tante sue idee, l’uso della lingua da parte della Murgia è stato un piacere rinnovato a ogni pagina: asciutta, precisa e piena di energia.   

Questo libro, che mette in evidenza i metodi e la retorica fascista, fornisce anche delle leve azionabili per contrastarla? Certo, la sua lettura indica qualche strumento da usare nel dibattito politico, ma credo che Michela Murgia abbia voluto consegnarci qualcosa di più importante: il messaggio che se non facciamo niente per contrastare il degrado della democrazia (la pianticella fragile evidenziata anche da Dick Marty nel suo libro “Verità irriverenti”), la corrente delle crisi attuali ci porterà nelle braccia dei sovranismi.
Solo un impegno civile, politico e intellettuale più intenso di quello che il fronte progressista ha saputo offrire negli scorsi anni, potrà risparmiare le sofferenze che saranno causate dai tanti problemi che i sovranismi non saranno in grado di risolvere. Un richiamo all’impegno che vale la pena di ascoltare.

Brissago, aggiornato al 2 febbraio 2024

Note
[1] Si tratta per me di un vero e proprio capolavoro, vedi il sito di Emons in proposito.
Piergiorgio Morgantini aveva aggiunto "in passato" alla figra dell'Accabadora. Non ne sono così sicuro.
[2] Devo a mia moglie Samia Hurst il concetto che « In una discussione si deve esporre la tesi dell’avversario nella maniera in cui egli stesso vorrebbe poter farlo se ne fosse capace », richiamando la frase di Hannah Arendt « ci può essere disaccordo sui valori, [fino a un certo punto] sull’interpretazione dei fatti, ma non sui fatti »
[3] Si vedano i libri di Piketty "Il Capitale al 21°secolo" e di Stiglitz "Il prezzo delle disuguaglianze" sull'aumento del divario tra ricchi e poveri e su cosa si dovrebbe fare  - secondo loro - per invertire la tendenza. Io sarei per soluzioni più radicali come il razionamento dell'entropia, ma è un discorso più lungo.
[4] Non c'è bisogno di andare in Argentina per degli esempi preoccupanti. Da noi in Ticino si veda la doppietta "Sgravi fiscali" e "Decreto Morisoli", ben denunciata ne laRegione di qualche tempo fa nel senso che la riforma fiscale e la manovra di rientro sono stete volutea da un'oligarchia ticinese che il Cantone non lo lascerà mai, ma che vuole evitare le "Forze virtuose" della ridistribuzione della ricchezza (essenzialmente - a mio parere - da destinare alla rivalutazione del servizio pubblico). Oligarchia che ha certamente finanziato il publiredazionale de La Domenica del 28.01.2024.


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